La questione PVR è stata una delle più dibattute degli ultimi mesi ed ha visto gli interventi del mondo politico, dell’ADM, degli operatori ma mai dei Punti stessi. Lo speciale che presentiamo in esclusiva su Agimeg nasce proprio dall’idea di dare voce ai soggetti principali di tutta la vicenda.

Abbiamo contattato PVR, Punti Vendita Ricariche, in tutte le 20 regioni italiane, in alcuni casi anche più punti dello stesso territorio, sottoponendo loro 6 domande. SI tratta di quesiti relativi al valore della loro attività come PVR, alla recente normativa ed agli interventi che li hanno coinvolti.

Ecco le domande in questione:

  1. L’attività di Punto Vendita Ricariche che valore ha per il suo lavoro?
  2. In questi anni l’attività PVR vi è stata di supporto per superare i momenti di crisi?
  3. La sua clientela apprezza ed utilizza questo servizio?
  4. Come ha valutato la scelta del limite di 100 euro in contanti per la ricarica settimanale?
  5. Cosa pensa dell’Albo dei PVR?
  6. Cosa le piacerebbe venisse cambiato nell’attuale normativa che regola i PVR?

L’obiettivo era tastare il polso a chi sta vivendo sul campo questa situazione di incertezza. Dalle risposte si evincono alcune situazioni che rasentano l’unanimità di giudizio ed altre che invece offrono una visione contrastante. Sono pareri di coloro che vivono quotidianamente la realtà del territorio dove operano come PVR e che danno un riscontro concreto di come venga vissuta questo tipo di attività. Si tratta di una indagine che precede l’udienza per il giudizio nel merito, fissata per il prossimo 11 dicembre dal Consiglio di Stato, relativa all’impugnazione della determinazione direttoriale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che ha istituito l’albo dei Punti Vendita Ricarica (PVR) collegati alle concessioni per il gioco. Tornando alle domande, abbiamo raccolto le opinioni di quasi 100 PVR ed abbiamo riunito i loro pensieri in un quadro sintetico per ognuno dei 6 quesiti. Al termine della presentazione delle risposte è possibile vedere nel dettaglio alcuni degli interventi dei singoli PVR per ogni regione italiana.

L’attività di Punto Vendita Ricariche che valore ha per il suo lavoro?

“PVR, un servizio ormai centrale: dai territori un giudizio unanime sul valore economico, di socialitaà della ricarica, che restituisce un ruolo concreto al punto fisico in un mercato fortemente digitalizzato”

Dalle risposte raccolte in tutte le venti regioni italiane emerge un quadro sorprendentemente omogeneo: l’attività di Punto Vendita Ricariche non è più percepita come un servizio accessorio, ma come uno dei cardini del lavoro quotidiano degli esercenti. La definizione più ricorrente è “servizio centrale”, un concetto che accomuna realtà molto diverse tra loro, da Cagliari a Treviso, da Matera a Milano, e che restituisce la misura di quanto il PVR sia ormai diventato parte integrante dell’identità commerciale di numerosi esercizi.

Ciò che più colpisce, osservando nel dettaglio le risposte, è che il valore del PVR non viene misurato soltanto sul piano economico, pure rilevante in alcune testimonianze, ma soprattutto come strumento di relazione. Quasi tutti gli intervistati insistono sul medesimo punto: la ricarica crea un contatto diretto, porta persone nel negozio, costruisce un rapporto di fiducia e fidelizza la clientela più di qualsiasi altro servizio analogo. La ricarica, spiegano in molti, non è mai un gesto isolato, ma un’occasione per scambiare qualche parola, capire le esigenze del cliente e generare quella continuità di frequentazione che, soprattutto in un mercato fortemente digitalizzato, restituisce un ruolo concreto al punto fisico.

È interessante notare come questa dinamica assuma sfumature leggermente diverse a seconda delle aree geografiche. Nel Nord Italia prevale una lettura più funzionale: il PVR viene considerato un servizio moderno, intelligente, capace di rafforzare l’identità del negozio in contesti urbani competitivi come Milano, Torino o Modena, dove il ricambio della clientela è continuo e il rapporto di fiducia deve essere costruito rapidamente. Nelle regioni del Centro la valutazione è più equilibrata, con un accento sulla stabilità e sulla capacità del PVR di consolidare il ruolo del punto vendita nel circuito del gioco regolamentato.

Nel Mezzogiorno e nelle Isole, invece, emerge con forza la dimensione umana del servizio. Molti esercenti raccontano che il PVR “tiene vivo il negozio”, che la gente entra “per fare due parole”, che si tratta di un servizio percepito quasi come necessario. In territori dove il rapporto personale con il commerciante è particolarmente radicato, il PVR non è soltanto un servizio tecnico, ma una vera occasione di interazione sociale. Non è un caso che diversi intervistati del Sud parlino di “punto di riferimento”, mentre in Sicilia più di un operatore sottolinea che la professionalità e la cortesia dell’esercente rafforzano l’identità stessa dell’attività commerciale.

Pur nella diversità dei contesti, un elemento accomuna tutte le testimonianze: non emerge alcuna voce critica. Nessun titolare afferma che il servizio sia marginale, secondario o superfluo. Al contrario, anche chi lo ha introdotto più recentemente rileva immediatamente una utilità concreta, sia nel flusso di clienti sia nella percezione del negozio come luogo affidabile all’interno del sistema regolamentato.

Il PVR, in sintesi, appare come un servizio che garantisce afflusso, continuità e riconoscibilità. Rafforza la prossimità, valorizza il contatto umano, dà stabilità in un settore in evoluzione e, in molti casi, rappresenta una risorsa economicamente significativa pur senza essere indicata come la motivazione principale. La sua forza, infatti, sta nella capacità di trasformare una semplice ricarica in una relazione: un passaggio che, in un mercato sempre più digitale, gli esercenti considerano un vantaggio competitivo decisivo.

In questi anni l’attività PVR vi è stata di supporto per superare i momenti di crisi?

“Il PVR come argine alle crisi: dagli esercenti un consenso quasi totale sul suo ruolo di stabilizzatore, un servizio di prossimità che ha mantenuto “vive” le attività nei momenti più difficili”

Dalle testimonianze raccolte emerge un elemento comune che attraversa senza eccezioni l’intero Paese: il PVR è stato, negli anni più difficili, uno strumento decisivo per garantire continuità, afflusso e stabilità economica ai punti vendita. La quasi totalità degli intervistati risponde infatti con un “sì” netto, spesso accompagnato da espressioni che sottolineano il carattere essenziale del servizio nei periodi di crisi.

Il tratto dominante che si legge nelle risposte è la capacità del PVR di generare un flusso costante di clientela, indipendentemente dai cicli economici che hanno colpito il commercio tradizionale. Gli esercenti raccontano una dinamica molto simile: quando il resto del mercato rallentava, le ricariche continuavano a portare persone nel punto vendita, diventando di fatto un’ancora di stabilità. In più di una testimonianza il PVR viene definito un “pilastro”, una “presenza che non è mai mancata”, un servizio “stabile e sempre richiesto”, capace quindi di garantire un minimo di movimento anche nei momenti in cui le altre entrate si erano assottigliate.

La crisi del commercio fisico emerge come tema ricorrente soprattutto nel Centro e nel Nord. Gli esercenti di quei territori sottolineano che il PVR ha rappresentato una componente fondamentale per sostenere il calo delle attività principali, fornendo un’entrata regolare e mantenendo vivo il rapporto con il cliente. A Milano si arriva a descriverlo come ciò che “ci ha letteralmente mantenuto vivi” nei periodi peggiori, mentre Torino e Modena confermano che proprio nei momenti più incerti il PVR è stato uno dei pochi servizi a garantire una presenza costante di utenti.

Nel Mezzogiorno, invece, la narrazione assume sfumature ancora più marcate sul piano umano. Le attività di Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Agrigento, Chieti e Mazara del Vallo parlano del PVR come di un filo che non si è mai spezzato, un modo per non perdere la clientela abituale e, in diversi casi, per ampliare il bacino di utenti. Al Sud emerge con più chiarezza l’idea che la ricarica non è solo un’operazione economica, ma un servizio di prossimità che mantiene il negozio vivo anche nei periodi difficili, un punto di riferimento che continua a funzionare anche quando altri servizi soffrono.

Un altro tema evidente, e trasversale, riguarda la diversificazione delle entrate. Molti esercenti ricordano che il PVR ha permesso di compensare i cali registrati nelle attività tradizionali, portando nuovi clienti che poi fruiscono di servizi ulteriori. Il servizio ha agito come una sorta di moltiplicatore: chi entra per una ricarica spesso torna per altro, aiutando così il punto vendita a non dipendere esclusivamente dai canali storici.

È significativo anche il riferimento, presente nelle testimonianze di alcune grandi città e di diverse aree del Centro-Sud, all’impatto del periodo post-Covid. A Napoli, ad esempio, viene evidenziato come la pandemia abbia accelerato l’approccio all’online anche tra le fasce di popolazione meno digitalizzate, rafforzando così l’utilità del PVR come punto di contatto con la tecnologia del gioco regolamentato.

Non mancano risposte più caute, come quella di San Benedetto del Tronto, che pur non avendo ancora maturato un’esperienza lunga nel settore intravede nel PVR un potenziale supporto futuro. Ma si tratta di un’osservazione isolata, legata più alla recente introduzione del servizio che a un giudizio negativo.

Nel complesso, il quadro che emerge è netto: il PVR si è dimostrato uno dei pochi servizi capaci di attutire gli effetti delle crisi economiche degli ultimi anni, mantenendo attivo il flusso di clientela, offrendo stabilità e permettendo agli esercenti di non perdere il rapporto quotidiano con il territorio. Una conferma ulteriore di come, per molti punti vendita, il PVR abbia assunto un ruolo non solo utile, ma strutturale nella sopravvivenza e nella resilienza delle loro attività.

La sua clientela apprezza ed utilizza questo servizio?

“Un servizio apprezzato in tutta Italia: i clienti scelgono il PVR per fiducia, sicurezza e rapporto umano”

Dalle risposte raccolte emerge un consenso larghissimo: la clientela non solo utilizza il servizio PVR, ma lo apprezza in modo significativo, spesso più di quanto gli stessi esercenti si aspettassero al momento dell’introduzione. Il dato comune, trasversale a tutte le regioni, è la preferenza per un punto fisico, percepito come sinonimo di sicurezza, chiarezza, assistenza non virtuale ma “umana”. In un mercato in cui il digitale è sempre più presente, la ricarica effettuata in negozio continua a rappresentare per molti utenti un riferimento affidabile.

Le testimonianze di Cagliari, Treviso e Matera evidenziano tre aspetti che ricorrono anche altrove: il servizio è rapido, chiaro e soprattutto sicuro, perché consente di ricaricare su conti ADM già verificati con la garanzia di un operatore autorizzato. L’importanza del contatto umano ritorna in maniera impetuosa in quasi tutte le risposte. A Roma, Napoli, Palermo, Chieti e Reggio Calabria gli esercenti spiegano che i clienti preferiscono parlare con qualcuno piuttosto che gestire tutto online: una conferma del fatto che il PVR non è percepito come un mero passaggio tecnico, ma come un momento di relazione, in cui si cercano spiegazioni e rassicurazioni.

È interessante notare che questa tendenza non riguarda soltanto i territori dove la relazione personale è tradizionalmente forte. Anche città come Milano, Torino, Udine e Modena registrano un utilizzo elevato, proprio perché l’interlocutore fisico garantisce velocità, immediatezza e un supporto che il digitale non sempre riesce a offrire. A Milano si sottolinea come, in una realtà in cui i ritmi sono frenetici, il servizio sia preferito perché “vale più dell’online” per molti utenti, che apprezzano la certezza di un volto conosciuto e un’operazione gestita con precisione.

In regioni come Sicilia, Calabria e Puglia viene messo in risalto un ulteriore elemento: la ricarica diventa occasione per mantenere un rapporto sociale. A Mazara del Vallo e Palermo, ad esempio, i titolari parlano di clienti che vogliono “scambiare qualche parola”, “sentirsi seguiti”, avere una relazione stabile con chi gestisce il servizio. Qui il valore del PVR dipende anche dalla dimensione comunitaria: il punto vendita è un luogo in cui ritrovarsi, non solo un punto tecnico di ricarica.

Una conferma ulteriore arriva da molte zone del Centro-Nord, dove il servizio viene definito “affidabile”, “pratico”, “immediato”, con una clientela che ne fa uso costante e che riconosce il vantaggio di avere un riferimento presente in caso di necessità. Anche chi ha poca dimestichezza con la tecnologia, come segnalato a Messina, trova nel PVR un supporto indispensabile, motivo per cui il servizio risulta particolarmente richiesto.

Nel complesso, il dato che emerge con assoluta chiarezza è che la clientela non solo utilizza il PVR, ma lo ricerca attivamente, lo preferisce all’online e lo considera un servizio che offre garanzie difficilmente replicabili in autonomia. La fiducia, il rapporto diretto, la sicurezza delle operazioni tracciate e la presenza di un operatore preparato rappresentano gli elementi che più contribuiscono a questo apprezzamento pressoché unanime, confermando ancora una volta la centralità del PVR nel rapporto tra esercente e territorio.

Come valuta la scelta del limite di 100 euro in contanti per la ricarica settimanale?

“Ricarica 100 euro: Una misura compresa nelle intenzioni ma giudicata limitante dagli esercenti”

Le risposte provenienti da tutte le regioni italiane convergono su un punto molto chiaro: la soglia di 100 euro settimanali in contanti è considerata troppo bassa e non rispecchia il comportamento reale degli utenti, pur comprendendo – in molti casi – le finalità normative che l’hanno originata. Gli esercenti dimostrano di cogliere la ratio della norma, ma allo stesso tempo evidenziano come il valore fissato risulti, nella pratica quotidiana, poco funzionale e limitante.

In particolare, PVR di Cagliari, Treviso e Matera esprimono una posizione articolata: riconoscono il principio regolatorio alla base del tetto, ma sottolineano che un limite così contenuto compromette l’efficacia del servizio, soprattutto per quei clienti che preferiscono effettuare ricariche più strutturate per programmare le proprie sessioni di gioco. Qui emerge un elemento ricorrente anche in molte altre regioni: un tetto troppo basso rischia di spingere gli utenti verso circuiti non regolamentati, alimentando un mercato parallelo che la norma stessa intendeva contrastare.

Questa preoccupazione è condivisa da diversi Punti del nord Italia, dove si evidenzia che la soglia attuale non è coerente con le abitudini della clientela e potrebbe orientare parte dell’utenza verso alternative illegali o comunque non tracciate. Si osserva anche come il limite interferisca con la praticità del servizio: molti clienti, infatti, desiderano effettuare un’unica ricarica consistente per evitare di tornare più volte nel punto vendita, e la soglia attuale “crea solo complicazioni”.

Anche nelle grandi città del Centro, come Roma e Perugia, il giudizio è simile: gli esercenti comprendono l’obiettivo della norma, ma la definiscono poco allineata alle esigenze reali. A Roma, in particolare, si arriva a proporre soglie decisamente più ampie per rendere la misura davvero applicabile nella quotidianità. Una visione in parte condivisa anche da chi riconosce il valore di uno strumento di controllo ma rileva al tempo stesso la sua natura fortemente limitante per la clientela che usa il contante.

Nel Mezzogiorno la reazione è ancora più diretta. Il limite viene definito senza mezzi termini “troppo basso”, “difficile da gestire”, “non sostenibile”. Molti esercenti sottolineano che una parte rilevante dei loro clienti organizza abitualmente ricariche superiori a 100 euro e che misure così restrittive li mettono in difficoltà nella gestione delle loro abitudini. Più di uno segnala apertamente il rischio che tali limitazioni possano spingere i giocatori verso canali paralleli, esattamente come indicato anche nelle risposte del Nord e del Centro.

Le altre risposte, pur con toni diversi, non mettono in discussione il principio di tutela alla base della normativa: ciò che viene contestato, con grande continuità territoriale, è l’entità del limite, considerata lontana dalle esigenze concrete degli utenti e inefficace rispetto agli obiettivi di prevenzione.

Il quadro complessivo mostra quindi una sostanziale convergenza: il limite dei 100 euro è percepito come inadatto, troppo restrittivo, perché può penalizzare il circuito legale e fare spazio a canali non regolamentati. Una soglia “più equilibrata”, come ripetuto da numerosi esercenti, viene indicata come unica soluzione per conciliare sicurezza e funzionalità. In questo senso, molti sottolineano che una revisione della norma, calibrata sulle reali abitudini dei clienti e sulla loro capacità economica, sarebbe non solo opportuna, ma necessaria per mantenere il servizio PVR all’interno del perimetro regolamentato e realmente efficace nella sua funzione.

Cosa pensa dell’Albo dei PVR?

“Albo PVR, tra apprezzamento e cautela: deve essere uno strumento di qualificazione non un peso burocratico”

Dalle testimonianze raccolte emerge una posizione ampiamente favorevole verso l’istituzione dell’Albo dei PVR, considerato da molti esercenti uno strumento utile per dare ordine, trasparenza e qualificazione al settore. La visione positiva, però, si accompagna quasi ovunque a una condizione precisa: l’Albo deve essere semplice, accessibile e non trasformarsi in un ostacolo burocratico o economico.

Diverse risposte definiscono l’Albo “un passo nella direzione giusta” se l’obiettivo è valorizzare i punti vendita che già operano con correttezza, distinguendoli da chi non rispetta le regole. Una posizione condivisa anche da molte attività del Nord, dove il tema della qualificazione e della trasparenza emerge in modo molto netto: un registro ufficiale, spiegano, aiuterebbe a chiarire chi lavora bene, a rafforzare la fiducia degli utenti e ad allineare il comparto agli standard già presenti in altri segmenti del gioco regolamentato.

Parallelamente, anche nelle aree del Centro e del Mezzogiorno, l’Albo è visto come un’opportunità per “fare pulizia”, mettere ordine e riconoscere il lavoro dei punti vendita seri. Molti aggiungono che una misura simile potrebbe offrire maggiore tutela sia agli esercenti sia ai clienti, consolidando la percezione di legalità e professionalità del servizio.

Accanto a questo consenso, però, emerge con forza una preoccupazione onnipresente e trasversale: il rischio che l’Albo diventi un aggravio burocratico o economico. Alcuni PVR parlano apertamente del timore che l’Albo si trasformi in “un’ulteriore tassa”, mentre altri chiedono procedure snelle, chiare e prive di ostacoli che costringano a ricorrere a consulenti esterni.

Il valore attribuito all’Albo, dunque, è molto elevato, ma condizionato a un principio semplice: l’Albo deve essere uno strumento di qualificazione, non un peso. Gli esercenti chiedono che venga progettato con criteri trasparenti, univoci e proporzionati, in modo da sostenere chi è già in regola e da evitare che il servizio — descritto più volte come un’attività di prossimità — venga rallentato da burocrazia e costi aggiuntivi.

Nel complesso, il giudizio che emerge è chiaro e coerente: l’Albo è considerato un passo avanti importante, utile a dare dignità e riconoscimento alla categoria, ma la sua efficacia dipenderà interamente da come verrà costruito. Se sarà semplice, pratico e pensato per valorizzare chi opera correttamente, gli esercenti lo accoglieranno come uno strumento prezioso. Se invece sarà complesso o oneroso, rischierà di trasformarsi nell’ennesima complicazione per un settore che, pur desideroso di ordine, non può permettersi ulteriori barriere operative.

Cosa le piacerebbe venisse cambiato nell’attuale normativa che regola i PVR?

“Normativa PVR: dagli esercenti una richiesta unanime di chiarezza, uniformità e meno burocrazia”

Le risposte restituiscono un quadro estremamente compatto: la normativa che regola i PVR è percepita come confusa, disomogenea e soggetta a interpretazioni differenti da territorio a territorio. Gli esercenti non chiedono una rivoluzione del sistema, ma un intervento deciso su alcuni punti chiave che emergono in modo costante: maggiore chiarezza, uniformità nazionale e minore burocrazia. Quasi tutte le testimonianze – con rare eccezioni – convergono infatti sulla necessità di regole univoche, semplici e trasparenti, che consentano ai PVR di operare con certezza e continuità.

Alcuni Punti spiegano con grande precisione il nodo principale: oggi il quadro normativo è frammentato, spesso interpretato in maniera diversa, e questo genera difficoltà operative quotidiane nei punti vendita. Il risultato è una perdita di efficienza e, soprattutto, un indebolimento della funzione stessa del PVR come presidio di legalità. Più chiarezza significherebbe aiutare sia gli esercenti sia i concessionari e i giocatori, riducendo i margini di ambiguità che oggi possono favorire comportamenti non conformi.

Regole semplici, limiti più lineari e una normativa valida per tutti rappresenterebbero un passo fondamentale per eliminare quella “confusione” che molti citano come ostacolo principale. Regolamenti rigidi o interpretati in modo disomogeneo favoriscano il mercato illegale, che invece andrebbe contrastato con strumenti chiari, linee guida uniche e controlli coerenti.

Un’altra istanza molto forte riguarda la burocrazia. Molti Punti sottolineano che la normativa attuale è appesantita da procedure complesse, difficili da interpretare e non sempre accompagnate da indicazioni chiare. Per molti PVR, la priorità è ridurre gli adempimenti ridondanti e rendere il sistema comprensibile anche senza l’intervento costante di consulenti esterni, che rappresentano un ulteriore costo.

La tendenza generale è che l’insoddisfazione non riguarda l’esistenza della normativa, bensì la sua complessità e la sua incoerenza territoriale.

Conclusioni

“Una fotografia nitida del mondo PVR tra centralità del servizio, sfide normative e ruolo decisivo nella legalità”

Dalle sei domande rivolte ai Punti Vendita Ricariche di tutte le venti regioni italiane emerge con grande chiarezza una realtà spesso sottovalutata nel dibattito pubblico: i PVR rappresentano oggi un presidio essenziale del gioco regolamentato, un punto di contatto umano e territoriale che nessun altro segmento del settore è in grado di sostituire. Le testimonianze raccolte delineano una categoria che vive quotidianamente le dinamiche del territorio, che comprende le esigenze dei clienti e che affronta in prima linea i cambiamenti del mercato. Ed è proprio da questa prospettiva che lo speciale fa emergere riflessioni omogenee e coerenti.

Il primo dato evidente è che il servizio PVR è ormai percepito come centrale: non un’aggiunta marginale, ma un motore che porta persone nei negozi, fidelizza, crea relazione e restituisce valore al punto vendita fisico. In un contesto in cui la digitalizzazione cresce, i PVR rappresentano – agli occhi degli esercenti – un elemento di prossimità e fiducia che dà continuità anche nei momenti più difficili. Non a caso, di fronte alle crisi degli ultimi anni, quasi tutti gli intervistati affermano che proprio il PVR ha consentito loro di resistere, mantenendo un afflusso stabile quando altri comparti rallentavano.

Altro elemento ricorrente è il forte apprezzamento da parte dei clienti. Da Nord a Sud, il PVR è descritto come un servizio ricercato, utilizzato e percepito come sicuro, proprio perché offre un interlocutore reale, un supporto immediato e la certezza della tracciabilità. In molte testimonianze emerge un dato significativo: una parte consistente dell’utenza preferisce ricaricare in un luogo fisico, con un operatore che conosce e di cui si fida, piuttosto che gestire tutto online.

Accanto agli aspetti positivi, l’indagine porta alla luce due criticità normative molto sentite dagli esercenti. La prima riguarda il limite settimanale di 100 euro in contanti, giudicato quasi ovunque troppo basso, poco coerente con le reali abitudini dei giocatori e potenzialmente dannoso perché rischia di spingere alcuni clienti verso circuiti non regolamentati. Pur comprendendo le finalità della misura, gli intervistati ritengono che una soglia così ridotta finisca per indebolire il circuito legale più di quanto lo tuteli.

La seconda criticità riguarda il quadro regolatorio complessivo: frammentato, interpretato in modo diverso da regione a regione e spesso troppo burocratico. Da ogni parte d’Italia arriva la richiesta di una normativa unica, chiara e lineare, che elimini le discrepanze territoriali e sostenga realmente chi opera nella legalità. La domanda di semplificazione è unanime.

Un discorso diverso riguarda l’Albo dei PVR, verso cui prevale una visione positiva: gli esercenti lo considerano uno strumento potenzialmente utile per dare ordine, riconoscere la professionalità e distinguere chi lavora correttamente. Anche in questo caso, però, emerge una condizione precisa: l’Albo deve essere semplice, non costoso, privo di ostacoli amministrativi e realmente funzionale alla qualificazione del settore.

In sintesi, le sei domande compongono un quadro unanime: il PVR è una risorsa strategica del gioco regolamentato, un servizio che rafforza la legalità, sostiene i punti vendita, garantisce vicinanza con i cittadini e permette di intercettare e mantenere un’utenza che altrimenti rischierebbe di scivolare verso circuiti non controllati. Gli esercenti chiedono solo di poter lavorare con regole chiare, uniformi e moderne, all’altezza di un settore che negli ultimi anni è cambiato profondamente.

Da AGIMEG